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mia madre 203


te, per uno di quelli che avevano fatto fare l’ispezione e che più di tutti aveva avuto piacere di quell’esito. Era un poco pazzo; e, invece di riempire di cifre i registri, scriveva un sonetto tutti i giorni; andando poi negli altri uffici a farlo leggere. Tuttavia, pretendeva che io fossi amico del suo figliuolo; ed egli stesso gli diceva che mi picchiasse se lo avessi sfuggito.

Io non osai più voltarmi verso nessuno; e con il lapis sfregavo su un foglio di carta, mentre mi veniva da piangere.

Il Mutti riprese:

— O non ti volti più?

— Perchè mi devo voltare?

Il Pallucci disse, ridendo:

— Ha da reggersi la scucchia!

Io gli detti un pugno in un fianco; ed egli cominciò a torcersi e a fare il viso rosso, come gli accadeva quando era per piangere. Gli avevo fatto troppo male da vero; ma il Mutti si mise a picchiarmi calci nelle reni; e io avevo paura di urlare dallo spasimo.

— E fuori ti darò il rimanente!

— A te che ho fatto?