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Un’osteria.
Partiti in bicicletta da Firenze, erano ormai dieci giorni che io e il mio amico Giulio Grandi giravamo l’Emilia; e siccome l’indomani egli doveva trovarsi in ufficio, alle Poste, partimmo, benchè piovesse a dirotto, da Faenza; per tornare a tempo. Ma s’era già di novembre; e il cielo tutto bigio, con le strade fangose e piene di pozzanghere: gli alberi ormai con poche foglie gialle; e i primi monti dell’Appennino, su per la lunga salita, attaccati alle nebbie.
Non ci parlavamo quasi mai, egli innanzi e io dopo, oppure egli dopo e io innanzi, passando tra le poche e rade case senza che a nessuno dei due venisse voglia di fermarsi. A qualche osteria scendevamo, appoggiando le biciclette al muro di fuori.
— Due cognacche.
Bevuto senza dir altro, uno di noi chiedeva: