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mia madre 201


subire quel che voleva. Egli si metteva a gridarmi anche di lontano; perchè avevo la bazza lunga:

— Scucchia! Scucchia!

Allora, se lo rincorrevo, siccome lo arrivavo sempre, si buttava subito in terra.

Anche lui m’era vicino di banco; e, quando il Mutti disse a quel modo, si mise a ridere perchè io lo sentissi. Si chiamava Pallucci, e aveva il viso d’un bamboccio di tre anni, con i capelli biondi e riccioli. Imparava tutte le parole oscene e diceva che gliele insegnavo io. Rubava i confetti alla drogheria di suo padre; ma se li voleva mangiare tutti per sè, negando di averli, se gliene chiedevamo, anche se poco prima ce li aveva fatti vedere.

Allora un altro, un certo Buti che aveva sempre le tasche piene di spaghi, disse:

— Fuori mi voglio divertire, quando vi picchierete!

Bastò questa specie di proposta, perchè non avessi più la pazienza di stare in scuola; e cominciai anch’io a mugolare con la bocca chiusa e a battere i piedi al banco.

L’insegnante diceva che scrivessimo la nota