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138 | una amico |
L’ultimo anno che visse, gli erano tornati i geloni alle mani e agli orecchi; come quando era stato ragazzo. S’era fatto più magro, con il viso più lungo; e teneva alzato il bavero del suo pastranuccio sbiadito che gli giungeva sopra i ginocchi. Io allora ero innamorato di una ragazza, e una volta gli feci vedere la fotografia.
Egli me la strappò di mano, benchè io non volessi; e disse con una voce che non gli avevo mai sentita:
— Com’è bella! Le vorrei bene anch’io.
E baciò la fotografia.
Io dissi:
— Hai fatto male!
Eravamo per leticare; ma egli mi chiese, tirandomi per una manica:
— Che male ho fatto?
Non so perchè, non gli dissi altro. Ma mi ricordo che allora volevo sapere chi era quella a cui voleva bene lui. Non me lo volle mai dire. Un’altra volta, lo trovai a disegnare, nello studio di un ingegnere, sopra un foglio di carta incerata. Io lo aiutai, ed egli ne fu contento; perchè io avevo cominciato l’istituto tecnico