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Le pareva di non aver dormito; e si stupì che Masa continuasse:

— E se il padrone non ti vole più qui, doventi impertinente con me?

E fece l'atto di batterle il cucchiaio su la faccia, ma invece lo leccò di sopra e di sotto. In fondo la compativa, e le dispiaceva di separarsene. Tornò in cucina.

Ghìsola, messa di buon umore da quelle parole, si alzò. In camicia, fece una ghirlanda di fiori finti, con certi pezzetti di filo di ferro; ai quali, l'anno avanti, era stata attaccata l'uva. Poi, la nascose nel canterano insieme con i suoi ritagli di carta colorata, con le scatole da saponette, con un mucchio di nastri e di striscioline di stoffa; che, talvolta, si divertiva a sciorinare in fila sul davanzale della finestra; dove il piccione e la picciona volavano battendo il becco ai vetri per chiederle il granturco o le briciole secche di pane che ella si ritrovava sempre in fondo alla tasca del grembiule.

Si piccò anche di non mangiare, quantunque Masa le avesse tagliato un pezzo di pane.

— Di che cosa campi? Alle volte, invece, t'inghebbi.

La giovinetta alzò il coperchio della madia e v'introdusse il capo, fiutando l'odore acre del lievito che s'era aperto secondo la croce fattavi da Masa con la costola d'un coltello.