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modo. E quando, passata una settimana, egli tornava, Domenico ed Anna, dopo mezz'ora per mettersi d'accordo, e avergli detto che sarebbe stata l'ultima volta, si aggiustavano alla meglio. Il robivendolo giurava che da qui in avanti avrebbe pagato sempre con i soldi alla mano; e allora bevevano insieme un bicchiere di vino, perchè erano doventati anche rochi a forza di vociare e di trattarsi male.

Ma Anna ne era contenta; e così i quadri, dipinti sul vetro, delle Cinque parti del mondo, i portafiori d'alabastro ingiallito, le anfore di vera porcellana entravano in casa sua.

Il salotto, ormai, non ne conteneva più. C'era poi addirittura una parete ricoperta con le fotografie di quasi tutti i conoscenti; e, sopra un mobile verniciato a noce, due ciociare di gesso che sorridevano. Nel tavolino di mezzo, un servito di cristallo celeste, ma incompleto; che aveva attorno cinque lucernine di ottone sempre infioccate su nel manico perchè le mandavano, con un fiasco d'olio, a tenerle accese quando facevano i Sepolcri.

Ella dava, almeno una volta al mese, il cinabro agli impiantiti; e, allora, bisognava che si pulissero bene le scarpe prima d'entrare.

Quando, in campagna, le portavano qual-