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che bravo capomastro. Domenico, i giorni di festa, lo invitava a stare con Pietro; e così ambedue i giovanetti, ch’erano quasi della stessa età, dovettero doventare amici, sebbene non andassero d’accordo; ed Agostino, che aveva antipatia per Antonio, fu sostituito.
E siccome, per passeggiata, soli, arrivavano quasi sempre, come voleva il trattore, a Poggio a’ Meli, dopo qualche mese Antonio si vantò di aver parlato di nascosto con Ghìsola. Ed era vero; ma Pietro, da prima, suppose che mentisse, con una delusione violenta, con un dispiacere che pigliava tutto il suo amor proprio. Un amico non doveva mentire. Che aveva detto a Ghìsola? E perchè le aveva parlato senza avvertirlo?
Quale umiliazione provava quando gli altri non rispettavano i suoi sentimenti e obbligavano la sua anima a disfarsi!
Gli altri facevano di lui quello che volevano, e a lui si stringeva la gola dall’emozione. Arrossiva, si sgomentava; sentivasi perso. E nessuna cosa era adatta per lui: le strade troppo faticose, il sole troppo caldo, gli abiti tagliati male, le mani troppo grosse; affannandosi a non riflettere a ciò, di convincersi del contrario; stordendosi; mentre gli orecchi gli rombavano, e credeva di dover cadere da un momento all’altro.
Gli sembrava che la sua faccia non fosse
F. Tozzi. Con gli occhi chiusi. | 5 |