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la sua confusione simile a una malattia. Ghìsola lo aiutò ancora; e, nel prendere la coperta rossa che era stata stesa sul cavallo, le sue dita lo toccarono; nel metterla sul sedile, le loro nocche batterono insieme; ed ambedue sentirono male, ma avrebbero avuto voglia di ridere.
Domenico salì sul calesse, sbirciò Pietro e gridò ancora:
— Sbrigati! Che cos'hai nel labbro di sotto? Pulisciti.
Egli, impaurito, rispose:
— Niente.
Poi pensò che ci fosse il segno delle parole dette a Ghìsola. Ma subito dopo gli dispiacque di essere così sciocco; mentre il cuore gli balzava come per escire fuori.
Gli assalariati e Giacco salutarono, togliendosi il cappello. Pietro a pena ebbe tempo di far con l'angolo della bocca un piccolo cenno a Ghìsola; ma ella era così attenta al padrone che aggrottò in fretta le sopracciglia. Allora Pietro guardò la testa del cavallo, che già tirava il calesse fuori del piazzale mettendosi a trotto a pena nella strada.
La luce del sole tramontato dietro la Montagnola, più rossa che rosea, era sopra a Siena. Ma i cipressi sparsi da per tutto, a fila o a cerchio in cima alle colline, gli dettero il rammarico di staccarsi da una cosa immensa.
F. Tozzi. Con gli occhi chiusi. | 4 |