Pagina:Tozzi - Con gli occhi chiusi, Milano, 1919.djvu/49


- 37 -

minciando sempre da capo. Si guardava bene le mani, per far capire agli altri che aveva pensato a lavarsele; e in fatti se l’era lavate nel secchio del suo cavallo mezzo stronco come le stanghine del barroccio, rinforzate con parecchie avvolte di funicella e di filo di ferro. Quanto tempo gli faceva perdere quel lavoro riaccomodato tutti i giorni!

Si stropicciava gli occhi con un dito, con il viso ridente senza sapere perchè: la sua bocca, con quel sorriso, pareva larga il doppio.

— Ridete voi, eh, boia! Che avete rubato oggi? Si piglia la roba delle commissioni e poi dice che l’ha persa per la strada.

— Io? Oh, poverino! Una volta lo facevo così, ma ora no.

Strascicava la voce con un accento, che sembrava sincero benchè malizioso. E poi:

— Ho due figliole, a casa, da maritare! Son belle da vero, a dirvela in un orecchio. Ma la mia moglie è già ridotta come una balla di cenci unti, che non si piglierebbero nè meno in mano. Ci ho quelle due figliole, povere bambine! O che devo fare io per loro?

Tutta la sua fisonomia pigliava una bontà umile ma ostinata; e, cosa strana, le sue guancie, tra il pelo della barba rada, erano delicate come quelle di una donna.