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prendere, si sforzava di badare a tutta la lezione rimanente; e sentiva quasi gusto ad aumentare la disistima di tutti, benchè se ne compiangesse. Quando era stato attento, usciva con la mente quasi stravolta, con un peso dentro le tempie, incapace di mettersi a studiare; stanco sfinito; senza aver fatto nulla: lasciava un libro e ne prendeva un altro, lasciava anche questo e non leggeva; non s’accorgeva nè meno più d’averli dinanzi.

Allora, si divertiva al movimento e al vocìo della trattoria.

Del resto avrebbe dovuto imparare le sue lezioni e scrivere dinanzi agli avventori meno ricchi che desinavano a una tavola lunga, sopra alla quale ciascuno di loro distendeva un piccolo tovagliolo: lungo i solchi delle piegature, si raccoglievano le briciole del pane, e Pietro le mangiava a pizzichi.

Questi avventori, divenuti amici di Domenico e di Anna, lo facevano ridere con le loro burlette dicendogli:

— Che vuoi affaticarti gli occhi? Vai a ruzzare.

Ma Anna si alzava dalla sua poltrona posta nell’angolo più oscuro della stanza, dietro un paravento di legno con un’apertura rotonda da cui poteva sorvegliare i camerieri e la cantiniera, per dire:

— Lo lascino stare!