Pagina:Tozzi - Con gli occhi chiusi, Milano, 1919.djvu/213


— 201 —


Ghìsola, disinvolta, si mise a ridere; e le dispiacque solo per orgoglio che Domenico la trattasse per quel che era; ma Pietro le fece rabbia. Non era punto furbo, e non contava proprio niente in casa sua!

Per far vedere che non aveva bisogno di mangiare in trattoria, non voleva sedersi a tavola; ma Pietro la supplicò, sottovoce, di non insistere; e le disse che il giorno dopo le cose sarebbero state chiarite.

Domenico, che veniva e andava dalla cucina alla stanza dov’erano essi, con le mani in tasca e con la testa bassa, senza guardarli mai, uscì e andò sfogarsi dal suo amico droghiere: un figliolo non doveva portarsi in casa le amanti, sia pure che facesse bene a fare il comodo suo ora che era giovine. Ma il droghiere rise della sua collera e gli disse che lo lasciasse divertire, giacchè si trattava di una bella ragazza.

Ghìsola, mangiando, non alzò mai la testa; e pareva che avesse poco appetito. Ma Pietro le pestava leggermente i piedi e le diceva qualche parola perchè dissipasse il malumore. Poi la lasciò nella trattoria a chiacchierare con la cugina Rosaura, accanto alla dispensa, dov’era meno luce. E Ghìsola accompagnata da lei andò a trovare la zia, raccontandole una filza di abili menzogne, con l'aria più ingenua che ci fosse. Rebecca le disse: