Pagina:Tozzi - Con gli occhi chiusi, Milano, 1919.djvu/184


— 172 —

non sarebbe valsa a niente se non avesse avuto anche un istinto profondo di onestà, proprio come lui.

Voleva che avesse la coscienza dell’onestà, e che ne fosse orgogliosa. Questo era necessario; per quei principii morali che in lui si fondevano con quelli di redenzione e di giustizia nella vita. Perciò egli, per primo, doveva dargliene l’esempio. E si propose di spiegarle tutto in seguito.

Non trovava più che dirle e gli pareva che qualcuno gli imponesse d’andarsene. Si piantò in mezzo alla stanza, dette un’occhiata a Ghìsola, le stese la mano, e uscì lentamente; non sapendo come uscire, battendo una spalla nell’uscio.

Ella fu contenta che la visita fosse finita così in fretta, perchè avrebbe potuto giungere il suo amico.

La scala era di mattonelle consumate, concave e sottili: guardandole, gli pareva che i suoi piedi le sfondassero.

Un grande tremito lo scuoteva. Richiuso l’uscio con un tonfo che gli parve troppo forte, alzò gli occhi e vide Ghìsola affacciata ad una loggetta di ferro: lo salutava movendo il capo. Ma egli non ebbe la forza di risponderle: si voltò due volte sempre con il desiderio che fosse lì, tutto intenerito per lei e pensando che aumentava sempre più la impossibilità di poterla salutare.