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Faceva tenere bene in ordine tutto: i piatti e le scodelle sopra una vecchia madia, il pane e i fiaschi del vino dentro la dispensa. E sapeva trattare con i fornitori. I limoni se li sceglieva da sè, però con la sorveglianza e l’approvazione di Domenico, e con una meticolosità che la inorgogliva e che faceva piacere. Se il fruttivendolo era riuscito a dargliene uno di buccia grossa o sciupata, Domenico se lo faceva cambiare dopo averglielo battuto sotto il naso.

Anna, per lo più, andava a letto, se le era possibile, qualche mezz’ora prima di lui. Una notte, Domenico afferrò dalla sedia, portandolo nella strada, un macchinista briaco che s’ostinava a non uscir di bottega. Quegli allora aprì il coltello e gli si slanciò addosso. Ma Domenico si scansò, e i camerieri si misero di mezzo. Anna, ch’era lì, con la testa avvolta in uno scialle di lana, come teneva sempre, s’impressionò tanto che, in seguito, le sue convulsioni si fecero più frequenti e più forti. Per curarsi, il medico le disse di stare più che poteva a Poggio a’ Meli, al podere comprato da poco. Il sabato tornava a Siena perchè, essendo giorno di mercato, non avrebbe potuto lasciare la trattoria. Con lei andavano Pietro e Rebecca. Domenico dormiva in città; ma, ogni sera, per il giorno dopo, portava alla moglie una sporta di vivande, nel suo le-