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tevano, si avventava digrignando i denti. Era bastardo e alto un mezzo metro. Aveva quel pelo bianco che vicino alla pelle è giallo, con una macchia nera sopra un orecchio; e perciò gli trovarono quel nome.

Da piccolo, a pena slattato, Domenico lo legò al ferro del pozzo; e, quando guaiva, gli assalariati avevano l’ordine di pigliarlo a calci.

Poi gli comprò un collare con i chiodi d'ottone; un collare che non gli levavano mai altro che mentre lo tosavano.

Egli udiva la sonagliera del cavallo di Domenico quando ancora era al borgo fuor di Porta Camollia. Allora, esciva nella strada; e cominciava ad abbaiare. Quando il cavallo appariva ad una svolta poco distante dal cancello del podere, si metteva a correre da un punto all'altro della strada. Le persone si tiravano da parte; ma Toppa aveva buttato giù parecchi ragazzi, che non erano stati in tempo.

Quando aveva mangiato, andava invece a correre per i campi, e ci lasciava i segni da per tutto; specie dov'era il grano alto ci restava un solco che si vedeva anche di lontano. Quando seminavano, dovevano prenderlo a sassate perchè dove passava saltando bisognava rifare il lavoro. Gli piaceva l'uva matura e i fichi anche di più.

Obbediva soltanto a Domenico e a Giacco;