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Poteva non tenerne conto, per credere ancora a sè stesso?
Si confortava, sognando un’esistenza nuova e insolita. Ma quando? Talvolta, essa si riperdeva; ed egli non riesciva nè meno a capire come l’avesse sognata.
Per quanto di una sincerità fanatica, nessuno avrebbe potuto rendersene conto. Sentiva di non essere più come una volta per quelli ch’erano stati suoi amici prima che fosse andato a Firenze. Avrebbe voluto farsi perdonare di non avere più amicizia per loro; ma si vergognava e si pentiva di essere stato troppo sincero ed espansivo tanto facilmente. Rivedeva quelle sue sottomissioni morali, di cui gli altri s’erano approfittati. A Siena aveva voluto essere amico anche dei più cretini e dei più farabutti, credendoli degni di sè stesso; come un dovere, fino a stimarsi cattivo ad andare a spasso solo, senza qualcuno di loro. Ma, tornato da Firenze, era riuscito a non parlare più a nessuno, con una smania amara di non vederli più!
Egli era il giovine che, sebbene debole, porta impeti di energie; anche se sbaglia.
Molte volte, in sogno, provava come avrebbero dovuto svolgersi i suoi sentimenti; svegliandosi quasi soddisfatto, come se un’esistenza superiore e indefinibile gli avesse dato ragione.