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Gli esami, anche contro la volontà che voleva avere, doventavano sempre più un pretesto; e non gli pareva nè lecito nè leale. Ma la sua impazienza di rivedere Ghìsola aumentava; perchè metteva in Ghìsola tutta la fiducia della sua vita.

Stava a giornate intere, solo, in casa; guardando, con la faccia su i vetri, il sottile rettangolo di azzurro tra i tetti. Quell'azzurro sciocco, così lontano, gli metteva quasi collera; ma non ne distaccava gli occhi. Le rondini, che di lì parevano nere, passavano come attraventate. Soltanto là su, all'ultime finestre, qualcuno affacciato che non conosceva nè meno! E allora sentiva il vuoto di quella solitudine rinchiusa in uno dei più antichi palazzi di Siena, tutto disabitato, con la torre mozza sopra il tetro Arco dei Rossi; in mezzo alle case oscure e deserte, l'una stretta all'altra; con stemmi scolpiti che nessuno conosce più, di famiglie scomparse; case a muri con due metri di spessore, a voltoni, le stanze quasi senz'aria. I ragnateli larghi come stracci e la polvere su le finestre sempre chiuse e i davanzali sporgenti dalle facciate.

Talvolta, all'improvviso, pensava a Firenze e a Ghìsola che, forse, aspettandolo, gli avrebbe fatto un rimprovero che lo esaltava; all'Arno scrosciante; a tutte le colline sempre belle; a quelle nebbie che lasciano i