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riati vangavano. Per guardarla meglio, il che gli succedeva tutte le volte che gli veniva in mano, mettevasi gli occhiali.
La medaglietta gli piaceva, perchè con le unghie riusciva a grattare il metallo; che, allora, pareva nuovo. Quando gli avevano portato gli occhiali, dopo averglieli cercati da per tutto, sedeva, li puliva con il suo fazzoletto rosso, puzzolente di lezzo:
— Non la vedo bene!
E usciva fuori, per farla esaminare prima al droghiere, poi al mercante e al barbiere; che erano i suoi amici più vicini.
Ma nè meno loro, naturalmente, sapevano che medaglietta fosse.
Talvolta si appoggiava, senza cappello, all’uscio della bottega; salutando anche chi conosceva a pena.
D’estate, vi si faceva portare una sedia; sonnecchiando, finchè qualcuno, che passava, non lo destasse con un colpo sopra la coscia. Allora si risentiva, dicendo:
— Mi ero addormentato un poco.
E, per levarsi il sonno, andava a dare qualche ordine.
Durante la giornata, inghiottiva tutte le frutta trapassate; e diceva al cuoco, i cui capelli neri toccavano quasi le ciglia:
— Portami un tegame!
Assaggiava e rimandava via il cuoco, spingendolo sul braccio: