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lui, povero vecchio che tutti spregiavano, a Poggio a' Meli avrebbero magari rubato i mattoni dell'aia d'accordo con il suo figliolo.
— Non ha giudizio! Mi permetta di dirglielo.... Mi scusi, anzi! E con me perchè ce l'ha presa?
Domenico lo rassicurava alla meglio; ma non tanto, per calcolo. E, allora, egli facendo l'offeso che s'addolora, e mostrando d'aver parlato contro la propria volontà, taceva subito.
Qualche volta, toltosi il cappello e sbattutolo su le ginocchia, per farsi compatire, alludendo a Pietro, gridava:
— Non ho fortuna io!
Ma non lavorava più con gli altri, facendo soltanto quello che prima toccava alla sua nipote; le gambe gli si erano piegate fino a battersi insieme; e sembravano raccorcite, come talvolta le funi di due campane vicine, se s'avvolgono tra sé.
Quando doveva parlare, la sua testa grossa faceva uno sforzo per star dritta su le spalle stremenzite e curve. Aveva un volto indefinibile, con la pelle paralizzata, con le rughe, simili a piccoli scheggiali, bruciate dal sole; tra cui si radunava il sudiciume untuoso. La bocca non si vedeva sotto i baffi arruffati e cascanti, che assomigliavano a pelo di bestia. Le congiuntive, di un colore gialliccio, gli si erano ispessite.