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spini, fiori di pisello selvatico. Poi li biasciava.

Ghìsola gli aveva insegnato a far l'inchiostro con le more e come si succhiano, per il loro sapore di miele sciapo, certi fiori rossicci simili a gigli selvatici; che si trovano tra gli steli del grano, più bassi delle spighe; e, quand'eran matture da mangiarsi, le bacche rosse delle siepi. Glielo aveva insegnato, perchè smettesse di tirarle le zolle; quando s'era accorto ch'ella girava da una passata all'altra non certo per lavorare.

Un giorno, mentre egli faceva colazione, seppe che Ghìsola era tornata a Radda: Rebecca lo diceva ad Adamo. Alzò la testa per ascoltare meglio, e continuò a mangiare; ma stette quasi rincantucciato, fino alla sera, in fondo alla tavola, con la testa tra i pugni.

La pioggia cominciò ad ammollare i vetri della finestra chiusa, quasi avesse voluto allagare tutta la stanza. Era una di quelle piogge a vento che battono sopra un muro come per buttarlo giù; e, all'improvviso, cadono dritte, trasparenti e chiare; poi si vedono voltate alla parte opposta; e poi scompaiono; finché, di quando in quando, giunge al viso soltanto qualche gocciolina come la punta di un ago diaccio. E tutte le strade cambiano i loro colori; respirano; s'empiono di sole, che poi doventa ombra e ridoventa luce. Mentre dalla Montagnola, come da un