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gran dolcezza a compiangerlo di quella sua pinguedine, ad aver questa cosa da perdonargli, per dargli una prova d’amore.

Diedi un bacio sonoro, rabbioso sulla guancia del marmocchio, che si mise a strillare, e m’illusi di baciar lui. Lo strinsi e lo carezzai, con una passione pazza, tanto che la matrigna mi sgridò che glielo soffocavo, e me lo portò via.

Io corsi in camera, mi buttai col capo sul guanciale del mio letto, e piansi dirottamente. Quel giorno avevo finito d’innamorarmi. D’allora la sua pinguedine, il collo corto, i capelli lustri e lisci, tutto mi parve bello, e sentivo uno struggimento di tenerezza nel rivederlo col pensiero, e lo rivedevo sempre.

Una sera, il bimbo era già a letto, il babbo e la matrigna prendevano una tazza di camomilla accanto al fuoco nella loro camera, come facevano ogni sera, prima di coricarsi, e noi eravamo entrate dietro il paravento a dar