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accorgevano malgrado la mia vestitura infelice e ridicola. Lo sapevo, perchè me lo sentivo dire ad ogni tratto.

Come sarebbe quel giovane?

Non potevo dargli una figura. Ma, mi sentivo commovere al pensarci, e gli volevo bene.

Certamente, così innominato, incorporeo, indeterminato persino nell’immaginazione, era il più caro de’ miei pensieri.

Pensavo che doveva abbracciarmi stretta, darmi una sensazione d’affetto caldo, che desideravo ardentemente, e di cui sentivo la mancanza, perchè nessuno mi aveva mai abbracciata, neppure il babbo, dacchè non ero più piccina. E doveva susurrarmi: «Cara... Come sei bella!»

Non mi riesciva di pensare cose lunghe: le nozze, il viaggio, le abbigliature, la mia casa... No. Tutto questo mi balenava un momento, a sbalzi, e mi sfuggiva. La sola scena che vedevo chiara, e sulla quale tornavo con