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Intanto avevo compiti i sedici anni. Ero cresciuta molto, ed anche mi ero sviluppata in proporzione. Gli abiti mi scricchiolavano sulla vita, e spesso si aprivano nelle cuciture delle maniche e del dorso; e sul petto ne saltavano via i bottoni o si squarciavano gli occhielli, che era una disperazione.

Ed avevo ancora i capelli rialzati sulla fronte, tirati indietro e stretti sulla nuca in un nodo compatto come una collegiale, e le gonnelle corte fin sopra la caviglia, che lasciavano vedere tutto il piede, punto piccolo nè grazioso, calzato di grosse scarpe solidamente costruite in vista del moto straordinario che, secondo il babbo, era una necessità della vita.

Appena il bimbo della nostra matrigna ebbe sei mesi, la sua nutrice si ammalò, e si dovette prenderlo in casa e finire di tirarlo su coll’allattamento artificiale.

Quando avevo in braccio quel marmocchio,