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tro le spalle. Le altre ragazze mi trovavano vecchia. E di certo! Le mie coetanee, la Maria più giovane di me, erano maritate, avevano dei figlioli che andavano alla scuola; erano donne. La mia vita era sciupata. Mi vedevo sorgere dinanzi minacciosamente il paravento della povera zia, e mi cadevano le lagrime silenziose, sconsolate, giù per le guancie sulla camicia, e non m’accorgevo che mi gelavano le gambe, che mi assideravo tutta. Una zitellona!

La mattina ero gravemente infreddata, e presi quella scusa, o l’altra che non sapevo ballare, per non andare alla serata della Maria.

Comparire per la prima volta in società come una giovane matura, troppo vecchia per vestirmi di bianco, era troppo umiliante e doloroso.

I sei mesi che passarono tra quel giorno memorabilmente triste, e l’agosto seguente, furono i più squallidi della mia vita.