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amata, e sentirselo dire, potesse portarmi disgrazia. Ma mi sgomentava il pensiero che ci credesse lui, e che forse, per quella paura infondata, si asterrebbe dall’avvicinarmi, dal fare qualsiasi passo verso di me, e mi priverebbe di tante gioie... Avrei voluto persuaderlo che da lui, fin allora, mi erano venute soltanto delle estasi di dolcezza; che ogni sguardo, ogni sorriso mi inondava di contento, che era impossibile che quella beatitudine mi portasse sventura, e che la sola sventura per me era la sua lontananza...

La Titina, da quella ragazza positiva che era, mi domandò:

— Quando farà la domanda formale al babbo?

Non so perchè quell’interrogazione mi sembrasse un’offesa ad Onorato, un pensiero diffidente; e le risposi con gran dignità:

— Quando vorrà. Credi ch’io diffidi di lui, e che abbia bisogno di farlo parlare coi pa-