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tanto dall’anima di bambagia, sulla quale quei vecchi pezzetti di cera annerita, ciondolavano come una filza di salsiccie, e passando via via, d’anno in anno, pei lumen-cristi scrostati, sgretolati, contorti, poi per quelli intieri ma gradatamente sudici, che, dal color castano, venivano giù giù per tutte le sfumature del giallo, fino a quello dell’ultimo anno, intatto, quasi bianco, coi fiorellini rossi e verdi dipinti, che erano una bellezza.

A destra del letto c’era uno scrigno, dove il babbo teneva gelosamente rinchiusi i denari e quelle che chiamava «le reliquie di famiglia»: i ritratti al dagherrotipo di lui e della mamma quand’erano sposi, quasi completamente svaniti; la cuffiettina che aveva servito pel nostro battesimo; una quantità di fogli ingialliti, che contenevano le poesie giovanili del babbo, e finalmente i gioielli della mamma.