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stavo per fare lo stesso; ma diedi un’occhiata alle cugine, e vidi che avevano curvato prodigiosamente il capo, ma stavano in piedi, e tutti i signori sul ballatoio stavano in piedi, e feci come loro. Fra un’ondata d’odore e di fumo d’incenso, che saliva dai turiboli agitati intorno al baldacchino, udii la voce del Mazzucchetti, che mi susurrava quasi all’orecchio, e con accento amorevolissimo:
— Denza, mi permette di scriverle?
Denza! M’aveva chiamata col mio nome! Fu uno struggimento di piacere e d’amore così estremo, che pareva un dolore, e mi faceva piangere. La lettera tanto sognata! Ma come facevo a riceverla? Era impossibile, finchè non eravamo formalmente promessi, col consenso del babbo. Risposi con un gran rincrescimento:
— Io non posso ricever lettere... Le vedrebbero prima il babbo, e la matrigna...
Questo lo dissi per avvertirlo che quando