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«Era un tedesco che m’insegnava il canto. Quando lo conobbi, era giovanissimo; e dirigeva già l’orchestra del teatro Regio di Torino, dove io sono nata e cresciuta. Era bello e d’un’eleganza di buon gusto.

«Non è punto vero che si ami un uomo per le sue qualità esterne o per le sue abitudini; si amano le qualità e le abitudini per l’uomo. I primi amori che io sognava nel segreto del cuore, erano per eroi, per uomini fieri, dall’aspetto maschio, da’ modi franchi, come i vostri, Max. Uomini dalla voce dolce come una melodia, profonda come un pensiero, passionata come un bacio — la voce di Giorgio. I giovani dai palmerstons profumati, dai capelli unti e lucenti, dalla scriminatura dritta come una rotaia di ferrovia, gli eleganti che discorrono di toletta, e ne mutano tre ogni giorno, erano a’ miei occhi ridicoli. Non me ne occupavo che per farne la caricatura.

«Il mio maestro di canto era appunto uno di codesti. Sembrava una figurina tagliata fuori da un giornale di mode. S’inchinava in due tempi; parlava sotto voce con un garbo inalterabile; era sempre del parere delle signore, e nelle sue stesse lezioni sapeva non contraddirmi, apertamente, e non riscaldarsi mai. I suoi lineamenti erano belli, d’una bellezza regolare e fredda. Viso ovale, occhi nè grandi, nè piccoli, colorito fresco, profilo greco, labbra rosse che nel par-