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ad una ad una le mie mute dichiarazioni, i miei trasporti, le mie speranze, le mie smanie, le mie gelosie...

Ella mi ascoltava senza cessare di sospirare e di piangere. Erano le lagrime che si danno ad un cadavere da cui si è sul punto di separarsi per sempre.

Finalmente mi disse:

— Che avrete pensato di me ieri sera, quando io strinsi furtivamente la vostra mano? Se sapeste come ho sofferto tutta notte ripensando a quell’atto! Come me lo rimproverai!

— O Fulvia! — Fui così felice in quel momento; non lo rimpiangete.

Quello slancio impensato è una prova della vostra lealtà. Voi non conoscete le arti di fingere un’indifferenza provocante, per invitare l’amore a rivelarsi. — Amate e lo lasciate comprendere. Siete buona e sincera. — Non istate a pentirvene; non vi dolete d’avermi fatto felice.

— Ma io non posso, non debbo farvi felice; — non debbo amarvi — esclamò al colmo dell’angoscia, singhiozzando come un bambino.

— Perchè non dovete amarmi? Non siete libera?

— No, Massimo; sono promessa ad un altro che deve essere mio sposo. — E si nascose il volto nelle mani, e si sciolse in pianto.

Quella parola mi fece un male crudele. Mi parve che in quel momento mi si sottraesse il sangue dal