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— Se è vero che mi amate, sappiate rispettarmi, Massimo. — Pensate che sono sola.
Questa parola mi richiamò in me stesso, e ad un tempo mi atterrì. Mi staccai precipitosamente da lei, e la guardai per leggere sul suo volto quanto vi fosse di verità in quella preghiera.
Avevo completamente dimenticato che Fulvia era un’onesta giovane; e la mia immaginazione fantasticava già un amore senza ostacoli e senza freno. Quella voce mi ricordò la realtà; ebbi paura di me.
In quel momento provai un grande imbarazzo. Avevo trent’anni ed avevo molto amato. Pure era la prima volta che mi trovavo in faccia ad un amore puro. Un istante pensai.
Essere amato da un’artista, che viaggia sola, — e rispettarla; e filare il sentimento come un collegiale. — Sarebbe ridicolo!
E tradussi codesto pensiero mefistofelico in uno sguardo pieno d’ironia. — Ma i miei occhi si scontrarono con quelli di Fulvia che, attonita del mio silenzio, mi interrogava collo sguardo. Quegli occhi erano pieni di lagrime, ed il suo volto era arrossito come non può arrossire che una donna onesta.
Il mio sguardo ed il mio cuore ridivennero buoni; la vidi e la credetti pura, ed ebbi fede in lei. Le presi la mano, e con sincerità profonda le dissi:
— Come farò a rispettarvi, Fulvia? Ora che so che mi amate!