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VII.
Un giorno, uscendo da pranzo con un amico, incontrai Fulvia tutta sola che camminava a passi accelerati in via del Monte Napoleone dirigendosi verso il Corso. Presentai l’amico a lei, lei all’amico, e dalla presentazione emerse, sempre nuovo come la Fenice della favola, il famoso complimento:
— Ho tanto piacere di fare la sua conoscenza, col rispettivo: — Il piacere è tutto mio.
Ma per verità, se vi fu momento in cui Fulvia non mi diede grande idea del suo spirito, fu quello; tanto più che, nel pronunciare quel supremo dei luoghi comuni, la vidi arrossire come una collegiale.
— Qui c’è del torbido, pensai; e quindi le chiesi dove fosse diretta.
— Dalla signora Melli, mi rispose, e continuava ad arrossire.
Io avevo tutta la stima di quella giovane, ma non ero tanto ottimista da attribuire quel rossore e quella subita paralisi del suo spirito alla soggezione che poteva inspirarle uno sconosciuto. E però, non per curiosità, nè per interesse mio proprio, ma per l’in-