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«Lo straniero aperse il suo soprabito, trasse un portafogli, ne levò una matita e me la porse.
«Quell’ultima esclamazione, quasi involontaria, m’era sfuggita in italiano. Non la rivolgevo a lui, ma a me stessa; non avevo cercato di farmi comprendere.
«Come mai mi aveva compresa, egli che non conosceva l’italiano?
«In tutt’altro momento questa contraddizione mi avrebbe colpita. Ma nell’esaltazione di quell’ora non ci pensai.
«Presi quella matita e scrissi sul mio piego:
«Welfard Herbert. Raccomandata al Consolato Tedesco in Italia.
«Egli prese il piego senza parlare, e s’avviò per uscire dalla capanna. Io mi spaventai, e trattenendolo esclamai angosciosamente:
«— Sul vostro onore....
«— Sul mio onore, l’avrà; rispose con voce tremante; poi senza voltarsi uscì.
«Allora, priva di quelle lettere che mi ero avvezza a stringermi sul cuore come un ricordo di lui, come parte del mio passato, mi sentii sola; sola in faccia alla morte. Ero seduta accanto alla tavola. Mi nascosi il volto tra le braccia, e piansi amaramente.
«Rimasi a lungo così, immersa nel mio dolore.
«Ad un tratto sentii prendermi alla vita e mi alzai spaventata.