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Una lettera di Fulvia! Era viva; ricuperata dopo l’agonia di quei giorni in cui l’avevo creduta morta, ed avevo pensato a lei con tutto l’amore che giustifica la inviolabile solennità della tomba; era viva e mi scriveva.... Ed io era un buon uomo ammogliato con prole!

Mi sentivo sull’orlo di un precipizio; un precipizio verdeggiante, attraente come quelli cui sognava Fulvia sul Monte Bianco. Volsi un pensiero di compianto a mia moglie... ed apersi e lessi la lettera.

«Massimo,

«Non v’impaurite. Non è dall’altro mondo che vi scrivo. No; è da questo mondo bello, dalla terra verdeggiante, dal cielo azzurro, dall’aria pura e serena, da questo mondo di luce, in cui si aspira la vita e la felicità, in cui si ama e si è amati!»

Posai la lettera e mi alzai a passeggiare nello studio facendomi aria coll’istruttoria d’un processo civile. La gioia mi soffocava. Neppure nei più bei giorni passati, Fulvia non mi aveva mai scritto con tanto trasporto.

La dolcezza acre ed inebriante del pomo di Eva mi saliva alla gola, e mi dava alla testa.

O lettore, lettore!.... Tornai a leggere.

«Avete ricevuto il piego colle mie memorie? Oh Massimo! Erano cattive le ultime pagine delle mie memorie; perdonatemi, avevo il freddo nel cuore.»