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La cameriera era alzata.

«— La signora è inquieta, mi disse. S’è coricata, ma non volle dormire finchè ella fosse tornato.

In quel momento ero col pensiero a centomila leghe da mia moglie. Non mi sentivo in istato di sopportarne la presenza, che non mancherebbe di essere accompagnata da un importuno interrogatorio. Risposi alla cameriera:

«— Dille che un affare urgentissimo m’ha trattenuto fuori finora, e che debbo uscir subito ancora, perchè sono aspettato da un mio cliente. Che vado in campagna con lui per esaminare dei documenti, e resterò fuori alcuni giorni.

Ed entrai nel mio studio, presi del denaro in fretta, e senza portar meco neppur un goletto, uscii di nuovo.

«— Max! mi gridò mia moglie dal suo letto udendomi passare nel corridoio.

Nel lampo d’un pensiero comparai la Fulvia passionata ed entusiasta a quella comoda moglie che si limitava a chiamarmi dalle sue tepide lenzuola, senza che l’annuncio della mia partenza le desse la forza d’infilare le pianelle. Ed il cadavere gelato fra i crepacci del Monte Bianco mi parve meno freddo di mia moglie. Tuttavia entrai, la baciai in fretta e le dissi:

«— Mi tocca partire; non moverti, potresti infreddarti, addio.

E via a precipizio.