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signora giunta or ora dall’America, dove gli originali ed i touristes sono produzioni del suolo.

«Pochi giorni dopo mi annunciarono che due giovani alpinisti, loro amici, si disponevano a salire sul Monte Bianco, alla metà d’agosto. Essi erano già nella prossimità di Chamounix.

«Telegrafammo interrogandoli se mi volessero per compagna. Accettarono. Li raggiunsi qui a Chamounix ieri a sera. Oggi mi occupai di tutte le provviste necessarie alla salita. Ho degli stivali con ventisei chiodetti, appuntati come diamanti. Ho dei bastoni ferrati, dei veli verdi, degli occhiali imbottiti; tutto un carico di roba per preservare la vita.

«Chi potrebbe dire che io vado a morire?

«Eppure così è. Troverò un crepaccio che m’inghiotta, una valanga che mi travolga; ruinerò da un precipizio; mi getterò a capo fitto in una gola; dove sono tanti i pericoli, s’incontra la morte ad ogni passo; il suicidio è facile e segreto. Da quella gita non tornerò.

«Ho domandato di Gualfardo; non è più a Torino. Dov’è? Non ne so nulla. Non lo vedrò mai più.

«Ho preso meco le sue lettere; tutte le sue lettere, ed il suo ultimo biglietto che mi annunciava la morte del babbo. Quelle lettere che mi parevano tanto fredde, e che ora mi sono tanto care. Esse riscalderanno il mio povero cuore gelato tra le nevi del Monte Bianco.