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Anche Giorgio Albani si offerse di fare da cavaliere alla giovane artista; ma egli non frequentava la casa di Vittoria; la conosceva poco; io invece ero intimo della famiglia; lo persuasi che era più conveniente che Fulvia vi si presentasse con me, e con me solo.

Ella rimase indifferente a codesta discussione, ed interpellata rispose:

— Per me, purchè vi sia qualcuno che m’accompagni, sia l’uno sia l’altro, mi fa egualmente piacere.

Facemmo una lunga passeggiata. Fulvia fu allegra, gentile, spiritosa, ma serbò sempre un certo imbarazzo riguardo a me. Quando mi parlava, evitava di guardarmi, e non accompagnava il discorso col menomo gesto.

Si occupava ad abbottonarsi o sbottonarsi i guanti, a cogliere una foglia ed a ripiegarla in tutti i sensi, e seguiva cogli occhi l’atto della mano, quasi fosse più intenta a quello che a quanto diceva.

I tratti di spirito che intercalava al discorso, i frizzi con cui presentava in caricatura una persona o una cosa, detti così senza importanza e poco accentuati, acquistavano un carattere più umoristico e sorprendevano di più.

Quando l’avemmo ricondotta all’albergo, Giorgio mi ripetè quanto ella aveva detto a riguardo mio,