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— «Fra un’ora verrò.»

«Misi un grido di gioia, corsi in camera del babbo, e gli dissi:

«— Gualfardo è guarito, sta bene, fra un’ora verrà.

«E lo dissi con tanta gioia, pensando da che pericolo lo salvava quella notizia, che il povero babbo, tratto in inganno, scambiò quel trasporto figliale per un trasporto d’amore, e, sempre preoccupato di me e del mio avvenire, mi abbracciò tutto consolato, e mi disse:

«— Dunque sei ben contenta di vederlo; dunque lo ami; sarai felice con lui? Quanto bene mi fa questo pensiero. Temevo che tu non l’amassi.

«Quella parola fu un altro rimprovero. Sì. Amavo Gualfardo con tutta la mia riconoscenza di figlia. Ma non era quello l’amore cui pensava il mio povero babbo.

«Esatto come sempre, Gualfardo giunse all’ora indicata. Egli fu generoso fino all’eroismo. Debbo pur dirlo, per quanto la sua generosità fosse per me una tortura. Mi salutò colla solita dolcezza tranquilla, mi strinse la mano e mi baciò sulla fronte. Ma intanto mi susurrò all’orecchio col suo sguardo più cerimonioso:

«— Perdonate, Fulvia; è necessario fingere per la pace del babbo.