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lo alimentavo; in quella specie di compromesso col mio dovere, con cui cercavo di ricusare il suo amore, e di serbarlo vivo al tempo stesso; di mantenermi in dolci rapporti con lui, senza spezzare il mio vincolo con Gualfardo, che per una cara abitudine si era immedesimato colla mia esistenza; e da cui non avevo il coraggio di sciogliermi.

«In realtà io non desideravo di sposar Max. Egli aveva un grande ingegno, una posizione agiata, un avvenire largo di promesse, una salute fiorente, una maschia bellezza, e tutte quelle attrattive di parola, di voce, di modi, di eleganti cognizioni, che guadagnano tutte le simpatie, che aprono tutte le porte.

«Un uomo così, nel matrimonio ha tutto a dare, nulla a ricevere. Per farmi sua moglie avrebbe dovuto sacrificarmi la sua libertà. Farmi vivere colle sue rendite ed i suoi guadagni, perchè la sua carriera legale sarebbe stata inconciliabile colla vita girovaga di un’artista. E poi egli non avrebbe avuto alcun bisogno di farmi continuare a cantare. Per adattarsi alla vita di famiglia avrebbe dovuto far violenza al suo carattere gioviale, brillante; alle sue abitudini chiassose e disappensate; imporsi una gravità, una monotonia, un ordine d’esistenza a cui non era punto inclinato, e che gli avrebbero costato un vero sacrificio.

«Ed io, cosa avrei potuto dargli in compenso di