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stringere dolorosamente il cuore, senza rivedere tutti quei fantasmi d’amore, di gioia, e sentirne la morte nel gelo di quell’ora, nella malinconia di quella luce, nella ricordanza di quella parola. E pensando ad una ad una le cose e le idee a me care, su cui cominciava ad albeggiare, mi ripetei poi sempre rabbrividendo: non vedranno il tramonto.
XXVIII.
«— Torino! Porta Susa! Chi scende! Porta Susa!
«Queste grida ripetute a varie distanze e lo spalancarsi della portiera, mi strapparono alle mie fantasticaggini. Scesi dalla carrozza e mi avviai all’uscita, triste, confusa, umiliata all’idea di incontrarmi con Gualfardo.
«Avevo fatti pochi passi, quando sentii prendermi di mano la valigia, ed udii una voce ben nota dirmi:
«— Ben tornata, Fulvia.
«Era Gualfardo. — Pensai che, per un carattere freddo e chiuso come il suo, aveva fatto molto a domandare che lo lasciassero passare entro lo scalo per incontrarmi un minuto prima, e quel pensiero mi serrò il cuore come un rimorso.
«— Come va, Gualfardo? gli dissi.
«— Bene, bene, e voi? Passate di qui, a destra.