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«S’udì ruotar la carrozza in corte, e Massimo salì a prendermi per la partenza. Mi trovò mesta; volle consolarmi e mi fece piangere. Il cameriere prese la valigia e ci precedette. Noi ci stringemmo ancora una volta la mano e scendemmo le scale, e salimmo in carrozza, e traversammo la città scura e dormente, e giungemmo allo scalo senz’avere scambiata una parola. C’era ancora un quarto d’ora da aspettare. Ci sedemmo in un angolo riposto, e ci ripetemmo le più sincere promesse di sempre e di mai.
«O propositi profondamente veri, amore profondo, profondo dolore da cui eravamo compresi! Calde inspirazioni di quelle proteste, di quei giuramenti! Che fu di voi? Ahi, tutto passa. Sic transit.
«Poco dopo di noi giunse la contralto. Ella salutò, ci precedette, ed andò a mettersi in carrozza. Max ed io traversammo insieme la sala d’aspetto, ed insieme ne uscimmo dall’altro lato. Io entrai nel carrozzone dov’era la contralto. Egli salì sul predellino e rimase là guardandomi muto e melanconico. Lentamente s’era fatto una luce scialba e triste, e Max mi disse:
«— Incomincia ad albeggiare.
«In quella il convoglio si mosse; egli mi strinse forte la mano e si allontanò. Fu l’ultima parola, l’ultimo ricordo senza amarezza che mi rimase di lui. D’allora non potei più veder l’alba senza sentirmi