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«Oh Dio! Le ore avevano cessato di suonare, e Max non era ancora giunto; ed il mio uscio rimaneva chiuso. Ne ero sbalordita come se da quell’uscio avessi veduto entrare la guglia del duomo.

«Là, immobile su quel sofà, coll’occhio intento e l’orecchio teso, rimasi ore dopo ore, e ad ogni passo di cameriere che saliva le scale, il mio cuore si mettava a ballare una pazza tarantella. S’è molto scritto sul senso di divinazione dell’amore che ci fa riconoscere il noto passo della persona amata; ma in realtà codesto si riduce ad una questione di scarpe. Quelle di Massimo scricchiolavano quand’ero a Milano. Supposto che le avesse cambiate, addio noto passo; non l’avrei riconosciuto più. Intanto scricchiolavano tutte le scarpe dei servitori, e, se non ne presi un aneurisma, è un fenonemo da notare negli annali della medicina.

«Passò il mezzogiorno, ed un’ora, e le due, ed ero sempre sola. Non c’era pensiero desolante che non mi venisse in mente.

«Max era innamorato d’un’altra e non pensava più a me. O aveva rinnovata la sua relazione colla marchesa Vittoria, e stava a Monza nella villa di lei, e non aveva nemmanco idea della mia lettera e del mio arrivo. O la lettera l’aveva ricevuta, sì; ma giudicava la mia condotta severamente; come meritava. Gli sembravo un’avventuriera, una donna senza de-