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pur troppo non si poteva avere senza presentare quella disgraziata fede di nascita!

* * *

La vigilia degli esami andando alla posta, trovai una lettera profumata come una scatola di canfora; ma non aveva odore di canfora, e portava tanto di cifra e di corona sulla busta.

Cosa poteva essere? Un’avventura con una corona! Doveva essere una regina.

Ed io che m’ero andato a perdere con una serva! Cosa vuol dire esser troppo modesti!

Tagliai la busta pian piano col temperino, per non guastare la corona che volevo far vedere a Fossano, ed apersi la lettera.

Erano poche parole. Ma che parole, Santa Sindone... immacolata! che parole! Sottili che si vedevano appena, e tutte cascanti come donnine gentili che cadono in svenimento.

«Mio signore,» cominciava... Suo signore! Il cuore mi diede un tal balzo che credetti vedermelo uscire dalla bocca.

«Sono una povera inferma...

— Ah! è per questo, pensai che le parole cadono svenute.

«Quando tutta la parte intelligente e gentile