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non sapevo che chiamasse me. Non ho nome Ernesto!

— Che ne so io? C’è soltanto un E sul suo uscio. Ho chiamato tutti i nomi in E che mi sono venuti in mente.

— Ma non ha chiamato il mio.

— Come ha nome allora? Ettore?

— No.

— Edoardo?

— No.

— Oh Dio? Ma come ha nome? dica?

— Eustacchio.

— Eu...?

— Stac-chio.

— Ah! ah! ah! ah! ah! ah! E giù dalla scala sghignazzando come una matta. Credo che rida ancora.

* * *

Rimasi intontito.

Non bastava il nomignolo che mi aveva avvelenati gli anni di scuola? Anche il mio nome pronunciato con tutta serietà faceva ridere? Dovevo ricominciare a tribolare per quel disgraziato nome? Come aveva fatto ad invecchiare quel balordo zio materno che mi aveva legata col battesimo