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Eustacchio Rossi, chiosava mia madre insuperbita da quel successo. Lui dice Tacco per dire Eustacchio.
— Oh caro! Quant’è caro! Che intelligenza! Quanti anni ha?
— Ne ha tre; ne ha quattro, ne ha cinque; ne ha sei; rispondeva la mamma crescendo d’anno in anno, finchè arrivò a dire:
— Ne avrà presto sette.
Ma la mia intelligenza e l’ammirazione delle vicine erano sempre le stesse. Intanto la mamma aveva cominciato per vezzo a chiamarmi Tacco come dicevo io, poi aveva fatto il diminutivo Tacchino, ed era diventato un nomignolo di famiglia, dato e ricevuto come una carezza.
* * *
Fu soltanto il primo giorno che andai a scuola, che mi accorsi che quel diminutivo vezzeggiativo era ridicolo.
Dopo avermi raccomandato lunghissimamente alla maestra, la mamma se ne andò dicendomi:
— E stai buono, sai Tacchino?
— Oh! oh! oh! Tacchino! s’udì susurrare sui banchi, si chiama Tacchino!
— Chi?
— Il ragazzo nuovo.
— Come si chiama?