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Al vederlo mi si strinse il cuore.
I romanzieri ed i poeti dipingono la pazzia in un modo malinconico e bello: la pazzia d’Amleto e d’Ofelia. Ma la realtà non è così. Sembra che in quegli esseri privi di ragione la macchina umana si sfasci. I loro abiti sono mal messi e cadenti, spesso anche sudici; una gran parte ha la manía delle nudità indecenti. In tutti, la persona perde ogni grazia, ogni decoro di contegno. L’uomo aristocratico, l’artista dalle grandi ispirazioni, il contadino ignorante sono tutti uguali là dentro come nel campo santo. Tutti camminano, gestiscono, si muovono colla medesima trivialità. Quelli che per una manìa di grandezza vogliono serbare un contegno dignitoso, lo esagerano e fanno da caricature: About-Hassan nel palazzo del Califfo.
Ci accostammo a Gustavo che ci guardava senza riconoscerci. Vittoria con uno de’ suoi slanci drammatici gli si gettò ai piedi gridando:
— Oh Gustavo! Mio caro, perdonami per carità...
Egli non si mosse; non comprese nulla. Ella si alzò, gli prese le mani, le baciò, le riscaldò sul suo petto; gli parlò del passato, di lei, di Clelia; lo chiamò coi più dolci nomi.
Sempre impassibile.