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conseguenze erano state terribili. Gli strinsi la mano in silenzio come per dargli coraggio. Egli riprese:

— Dimmi tu, Carlo. Cosa debbo fare? Ogni volta che vado da Vittoria ho il proponimento di dirle tutto; ed ogni volta il coraggio mi manca: ed ogni giorno commetto una nuova viltà. Cosa debbo fare? Consigliami, via.

— Mi fai pena, povero Gustavo; non ne hai colpa, ma hai ragione di sentir dei rimorsi. Non può durare così. Vuoi che faccia io qualche cosa per te? Vuoi farmi conoscere Vittoria, e lasciare che le parli io, e che le domandi io il tuo perdono?

Egli mi abbracciò con riconoscenza; mi chiamò suo salvatore, suo amico; ed il giorno dopo mi presentò a Vittoria.

V.

Era una simpatica giovine quella Vittoria; mi sembra di vederla ancora. Vestiva un abito bianco ampio, a lungo strascico, guarnito in giro di una larga striscia color d’arancia.

Aveva i capelli nerissimi, lunghi, folti, anno-