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che questa volta non fuggii. Ma non lo accolsi sorridendo come avevo fatto accanto alla povera Clelia. Lo accettai per forza. Non avevo il coraggio di combatterlo. Era destino.

— Un mese dopo dissi a Vittoria che l'amavo, e la domandai in moglie. Così la stimavo.

— Fin allora non l'avevo veduta che nel camerino del teatro.

«Venga domani a casa mia, mi rispose stringendomi forte la mano. Le risponderò domani.

— Era una donna schietta, passionale, ardita; un carattere indipendente, un po' maschio; si riscaldava facilmente, pronta a secondare il primo impulso del cuore che credeva il migliore. Si esaltava per l'arte, si entusiasmava d'un autore, d'un attore, anche d'una attrice; voleva conoscerli, ed aveva delle parole e dei modi per esprimere la sua ammirazione che rivelavano tutto l'ardore della sua anima d'artista. Io sentivo il bisogno di riscaldare il mio povero cuore assiderato ad un cuore di quella tempra; il pensiero di essere amato così m'inebriava.

— Quando andai a casa sua il domani, mi accolse come un vecchio amico. Mi prese tutte due le mani, mi fece sedere accanto a sè, e dandomi del voi per la prima, mi disse:

«Sentite, Gustavo: l'avete compreso, nevvero, che vi voglio bene?