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d’un giovine affatto libero, era fatto per apprezzare le cose belle, per amarle con passione.
— Così non mi feci neppur un momento l’illusione di rimanere con quella fanciulla nei prosaici rapporti di padrona di casa ed inquilino, e nemmeno in quelli paradossali dell’amicizia. L’amore non mi venne addosso inavvertito. Da quel primo giorno, da quella prima ora, sentii che avrei amata Clelia con tutto l’ardore di cui era capace il mio cuore. Ma non pensai menomamente di fuggire, di sottrarmi a quel fascino: lo guardavo venire con delizia, come si guarda in aprile rinverdir la natura, gonfiarsi le gemme, sbocciare le rose.
— Quando rividi Clelia il giorno dopo, non le parlai più di pigione, di denaro. Discorremmo d’arte, di libri, di teatri, di amici lontani, di noi, di tutto. Ed allora non fu punto impacciata; le parole non le morivano fra i denti come la sera innanzi; parlava con entusiasmo, e mi guardava negli occhi senza sfrontatezza, ma con un’espressione di curiosità e di simpatia.
— Così passarono dieci giorni. Dieci giorni così belli, così inebbrianti, che darei tutto il sangue delle mie vene per farli rivivere. Amavo quella fanciulla come un pazzo; e sentivo il bisogno di dirglielo, di dirlo a tutti, di gridarlo sui tetti. E