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savo. Se vorrà serbarli per sè, rispetterò il suo segreto.

Intanto cercavo, per quanto era in mio potere di mantenerlo divertito. Ogni mattina gli facevo un programma per passare la giornata: erano gite sul lago, pranzi alle isole, partite di pesca, escursioni sui monti, visite alle fabbriche di tela, di carta, di vetro, ecc.

Una mattina mi parve più mesto del solito.

— Cosa facciamo oggi? gli domandai.

— Quello che vuoi, mi rispose, purchè siamo soli.

— Prendiamo un canotto, e facciamo un viaggio d’esplorazione sul lago, in cerca di un luogo pittoresco per pranzare insieme?

— Io preferirei una gita su qualche monte. In barca si rimane così inerti che si cade in malinconia. Ho già tanta tristezza nell’anima; ho bisogno di movimento per distrarmene un poco.

Era la prima volta che alludeva alla sua tristezza. Ebbi la delicatezza di non rispondere a quella mezza confidenza, per non mostrare d’esserne stato all’agguato.

Gli proposi di andare a Premeno. Egli accettò, e mezz’ora dopo salivamo una stradetta di montagna, erta, tortuosa, pittoresca.

Camminavamo da quasi due ore, quando il cie-