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pesale. È il più ardente dei miei voti; ne perdo l'appetito ed il sonno. I signori Pepesale sono necessari alla mia vita, alla mia felicità...
Dovetti pregare, insistere. Quel povero giovine, rimandato come una palla avanti e indietro mi portò le risposte più negative, più scortesi.
«Era una festicciola affatto privata; non ricevevano altri che gli amici intimi; avevano già troppi ballerini; le signore erano poche; ero soverchio; non mi volevano a nessun patto.
Ma insistetti sempre; ed a forza d'indiscrezione, mi riuscì di estorcere quell'invito.
C'erano tre giorni da aspettare; ed ogni giorno la bella miss e la grossa mamma, dopo il vermouth entrarono dalla modista, ed ogni giorno misero fuori stoffe e veli bianchi.
Finalmente venne l'ora di rivestire il mio povero abito nero, la mia disgraziata cravatta bianca, il mio gibus, che respinto con impeto quella mattina, s'era guastata una molla, e ad ogni movimento scricchiolava in suono di pianto. Mi vestii palpitando e partii.
Quando la carrozza si fermò alla porta indicata, guardai dallo sportello e dissi al cocchiere:
— Tira via. Non è qui.
— Sissignore. Ha detto numero trentuno.