s’annoiano insieme; quelle che hanno inspirata la poesia del focolare. Poi c’è un altro numero sterminato di famiglie, in cui il babbo è fuori da un lato, i fratelli dall’altro, e le signore passano la sera in casa tra loro. Poi vi sono le altre in cui la mamma è ancora giovine o crede di esserlo, e va a teatro, va in società; e le signorine che non debbono assistere alla commedia, non debbono vedere le ballerine, non debbono udire una quantità di cose in conversazione, rimangono sole a casa. Oppure è tutta la parte giovine della famiglia che esce e si diverte; ed una nonna, una zia, una vecchia parente, ha dinanzi la prospettiva d’una lunga serata tra il caldanino e la lampada.
Queste persone solitarie ed annoiate, in quelle ore di solitudine e di noia, sono disposte all’indulgenza, come eravamo io ed i miei fratelli nelle nostre serate di famiglia. Ed è a loro ch’io raccomando i miei poveri raccontini, implorando per essi quell’accoglienza ch’io avrei fatta ai raccontini di chi allora avesse avuto il pensiero pietoso di scriverli per me.